Il nuovo pezzo di Stefano Virga  in collaborazione con Stefania Tasca, arrangiato da Fabio Gangi, si distingue per la sua semplicità e per la sua schiettezza: senza risvolti, senza troppe parole, niente è ridondante, quasi per far percepire fin dal primo ascolto che lo scopo è quello di arrivare all’obiettivo, o per lo meno dritto al cuore. 

Forse questo non sarà il brano definitivo di Stefano Virga, probabilmente non era questo lo scopo della composizione, ma si percepisce in esso una nuova finalità: ricordare che siamo comunque umani. Anzi, ancor meglio, che c’è bisogno degli umani, del contatto, delle mani, degli occhi. Stefano Virga suggerisce chiaramente che è eccessivo credere nelle ali, nel metafisico o nel non-fisico. Abbiamo bisogno del contatto fisico, della presenza umana, del respiro, dell’altro, chiunque esso sia. 

Il brano non è banale sia chiaro,ma è di una semplicità che riporta all’efficacia e che riesce a superare con facilità i limiti della metafisica, del virtuale, riportando ad una realtà prettamente umana, semplice inevitabilmente, ma umana.  

Il rapporto tra gli uomini è alla base di questo questo brano, il connettersi non più in maniera super-fisica ma in maniera reale. 

Anche dal punto di vista musicale il brano risulta essere molto efficace, molto diretto, pochi gli strumenti, con una base forte che quasi come un mantra ripercorre tutto il brano.
Tutto riporta alla essenzialità, che determina tutto, che suggerisce la necessità di ritornare umani.Lo definisco il riflesso dell’anima, della vita

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