Questa è la storia di un povero, storpio, ignorante e schernito mezzo sangue indiano che riuscì a trionfare contro insormontabili difficoltà per fare un dono alla sua gente, talmente grande che sarà per sempre ricordato nella storia dell’umanità.
Sequoyah nacque tra il 1760 e il 1776 ad Overhills vicino al villaggio Cheokee di Tushkeegee nei pressi di Fort Loudoun nel Tennessee. Sua mamma, Wu-teh, era un’indiana e sua papà, Nathanial Gist (Guess o Guest) era un commerciante di pelli inglese. Sequoyah fu quindi allevato nella tribù Cherokee e divenne anch’egli un cacciatore e commerciante di pelli.
Suo padre gli diede come nome George Gist ma a causa di un incidente durante una battuta di caccia gli fu dato come nome Sequoyah (ᏍᏏᏉᏯ S-si-quo-ya) che in lingua Cherokee significa “piede di porco“. Dopo essere diventato zoppo divenne un talento come fabbro e artigiano, fabbricando monili d’argento. Il suo handicap
divenne la fonte di umiliazioni ma anche di grandi benedizioni nella sua vita.
Sequoyah sposò una donna Cherokee e più tardi con tutta la sua famiglia si spostò nella Contea Cherokee in Georgia. Più tardi lui e altri Cherokee vennero arruolati per combattere a fianco degli Stati Uniti per il Generale Andrew Jackson nella guerra del 1812 contro gli inglesi ed i loro alleati indiani Creek (conosciuti anche come Muscogee).
Sequoyah non imparò mai a leggere o a scrivere l’inglese ma mentre era in Georgia rimase affascinato dalla capacità degli “uomini bianchi” di comunicare facendo dei segni sulla carta che lui chiamava “le foglie parlanti“. Dal 1809 iniziò quindi a lavorare per sviluppare un sistema di scrittura per i Cherokee.
Dopo la guerra Sequoyah incominciò con serietà a creare simboli che rappresentassero delle parole e spesso si esercitava con sua figlia, Ayokeh, ad inventare dei giochi usando questi simboli. Ormai era diventata un’ossessione quella di sviluppare un nuovo alfabeto per i Cherokee perchè sapeva che avrebbe aiutato la sua gente. Divenne quasi un eremita e sopportò i costanti scherni dei suoi amici e familiari che ormai pensavano fosse malato di mente o che facesse stregonerie.
Sequoyah si trasferì nel Arkansas occidentale per continuare il suo lavoro. Qui, finalmente, dopo dodici anni di lavoro, di derisioni e ingiurie riuscì a sintetizzare il complesso linguaggio Cherokee in 86 simboli, ciascuno dei quali rappresentava un suono univoco (una sorta di caratteri stenografici). Il sillabario ha somiglianze con i caratteri Romani, Cirillici, Greci e con la numerazione Araba ma non ha evidenti assomiglianze nel suono con questi e altri linguaggi.
Nel 1821, dopo una dimostrazione pratica sul funzionamento di questo sistema davanto agli stupefatti capi tribali, la nazione Cherokee adottò questo alfabeto, ora chiamato “sillabario”. Migliaia di Cherokee impararono a leggere e scrivere nel giro di pochi anni.
Nel 1824 il Consiglio delle Nazioni Cherokee, riunito a New Echota in Georgia, lo onorò con una medaglia d’argento che portò sempre con fierezza e più tardi
anche di un’annualità di 300$ che sua moglie, poi rimasta vedova, continuò a ricevere fino alla morte.
Nel 1825, la Bibbia, numerosi inni e libretti religiosi, materiale didattico, documenti legali e libri di qualsiasi genere vennero tradotti in lingua Cherokee.
Nel 1827, il Cosiglio delle Nazioni Cherokee stanziò dei fondi per la stampa del primo giornale indiano pubblicato negli Stati Uniti.
Sequoyah continuò ad aiutare la sua gente come funzionario di Stato e diplomatico fino alla morte. Ormai ottantenne, dopo numerosi riconoscimenti nazionali, si ammalò e morì nel 1843 mentre era ancora in ricerca di un gruppo di Cherokee che, secondo una tradizione, si spostarono in Messico prima della rivoluzione. Il luogo della sua sepoltura è sconosciuto ma si pensa che sia situata ai confini tra il Texas ed il Messico.
E’ in sua memoria che oggi gli alberi più alti e più grandi del mondo prendono il suo nome, appunto le Sequoie.
Fonti:
http://www.manataka.org/page81.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Sequoyah
Editore di scatolepiene.it