Quel viso non mi è nuovo, recitava un celebre tormentone di Totò, che mai avrebbe sospettato che un giorno avrebbe potuto impadronirsene un computer. Eppure è proprio così: il software BioTrust consente al pc di identificare il volto del proprietario, risparmiandogli così il noioso “checkpoint” della password. Al prezzo di 9 euro si può installare una tecnologia che ha il sapore della fantascienza, ma che è di disarmante semplicità. Dopo l’installazione del programma sul computer, bisogna farsi scattare una serie di istantanee da diverse prospettive dalla webcam collegata al pc. Non bisogna essere timidi, perché cercare di nascondere difetti otterrebbe l’effetto di farsi rifiutare le foto dall’algoritmo dell’applicazione, che chiede immagini in cui il volto è totalmente e perfettamente visibile. Terminato il servizio fotografico, non resta che mettere alla prova il programma. Gli esperti di tecnologia di PC World che lo hanno provato sono rimasti stupiti dalla sua efficienza, ma se qualcosa dovesse andare storta, si potrebbe sempre ricorrere alla buona vecchia password di accesso a Windows. Ma la cosa sorprendente del programma è che può essere applicato anche ad alcuni siti web, sostituendo la trafila della parola d’ordine con il riconoscimento facciale. BioTrust prevede al suo interno un gestore di password, in grado di capire quando si accede a un sito e di proporre, per il futuro, di entrarvi con il riconoscimento visuale. Questo sistema è attualmente compatibile solamente con Internet Explorer, ma i produttori, la 3M Cogent, promette di coprire presto anche Firefox e Chrome. Quando si accede a uno dei siti per il quale si è impostato BioTrust, appare un pulsante nell’angolo della finestra di IE. Una volta cliccato, il software entra in azione e tenta di riconoscere il vostro volto. Un metodo certamente più comodo, ma forse anche più efficiente di gestire la propria privacy online. Gli esperti spiegano che per rendere sicuro un accesso, tre sono le vie per riconoscere chi cerca di entrare: chiedergli qualcosa che sa (la classica password, per esempio), chiedergli qualcosa che ha (un documento di riconoscimento), chiedergli qualcosa che è (le impronte delle dita, il suono della voce…). L’ordine in cui li abbiamo esposti è anche quello, crescente, della loro efficacia. E’ ben più facile rubare una password che rubare un volto, a meno che non abbiate fra i vostri nemici Arsenio Lupin, il mago dei travestimenti.
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