Dar voce alle emozioni, spiegarle, forse è la cosa più difficile, ma non per Renato Franchi che ancora una volta, regala ai suoi fans, 14 nuove canzoni da ascoltare, ma soprattutto da vivere tutto d’un fiato.
Se ”INCANTO”- l’ultimo lavoro del cantautore- conteneva brani capaci di accarezzare l’anima, con il nuovo album PENNE E CALAMAI, Renato sembra mettere da parte ogni remora, rovistando tra le insidie di un’anima calpestata, ma risollevata dalla bellezza e dall’armonia che solo i sentimenti autentici riescono a trasmettere.
In questo specchio che riflette ogni singolo lato del nostro Io più profondo è impossibile non rimanere accecati dal bagliore che la scoperta di sé, arreca all’ascoltatore che, timidamente viene catturato dalle prime note di “Calypso Girl”, per essere poi avvolto dalle calde pieghe sonore di “Penne e Calamai”, la title track dell’album, un preannuncio di pace e di inquietudine raggiante, quasi un ossimoro ad irrorare ogni angolo buio del cuore, spiazzandolo con una voce melodiosa che fa eco al suo sussurrare sentimenti.
La traccia che dà il titolo all’album si sprigiona intensamente come lo scarto di un regalo che aspetti da tempo, per poi lasciarti senza parole, preso soltanto da una melodia che rapisce il cuore porta altrove, negli spazi creativi che anticipano un luogo di pura serenità, in qualche traccia successiva. Ci sono emozioni che vanno raccontate, altre che vanno solo vissute.
Emozioni che poi prendono la forma di una “Danza”, com’è il titolo della terza traccia del disco, dove il violino Dan Shim Sara Galasso ci coinvolge nell’atmosfera festosa, tipica della feste di paese e della cultura popolare a cui la canzone d’autore è spesso stata accostata. Una chitarra acustica lega questa “Danza” al quarto brano del disco dove il sogno rimane sospeso tra un’armonia fatta di istanti e di ritmi fugaci ad inseguire una melodia rarefatta che vola leggiadra, alta nel cielo. Scritto da Viki Ferrara e cantato in duetto con la moglie Isa Beltramini (e qualche intermezzo vocale di Renato Franchi), “Sono con te” è un inno all’amore con sonorità appartenenti alla tradizione musicale americana, tra cui spiccano Still, Nash e Young. Raffinata, elegante e composta, “Sono con te” è la perfetta colonna sonora per raccontare con gli occhi e con il cuore i nostri sogni d’amore.
A sfidare le note del brano “I tuoi occhi” ecco la prepotenza del violino di Sara, il quale percuote un canto accorato “immenso”. Il sogno ancora una volta, è il protagonista di questo viaggio immaginario, sospeso tra passato e futuro, tra realtà immaginazione: quello che i nostri occhi vedono sono proiezioni dei nostri ricordi ma anche frangenti di lacrime, che riflettono un desiderio sopito e ancora da realizzare.
Il basso incalzante, pulsante e deciso di Roberto D’Amico, con la voce di Renato che porta verso l’infinito il dolore e la speranza di un amore, ma soprattutto della comprensione da parte di se stessi e anche da parte degli altri…teso fra le corde del rock, c’è il sogno di un volo libero in cui la riappropriazione di sé, diventa la vera ricchezza. Una stanza socchiusa alle porte dell’anima e il grido di chi, in quel preciso istante, vorrebbe abbattere tutte le pareti. Il dolore ha il colore di un vecchio dylaniato che anticipa le architetture armoniche di “Vecchio Frack”, celebre brano di Domenico Modugno, un omaggio alla canzone italiana e al cantautorato, per poi passare ad uno straordinario riff di chitarra memore ancora una volta di Dylan e, in particolare, di una “Positively 4 strett” che introduce “La ballata dei tre scarabocchi”: una ritorsione dei nostri pensieri, rimbalzanti sono rimorsi e desiderio di rivincita; un senso di disagio che trafuga un mood musicale che ha dell’antico, quasi una ballata popolare raccontata da un violino.
E poi…Il profumo solitario di un caffè…uno sguardo da rivoluzione francese e la voce trasognante di chi sa scaldarti il cuore…”Eletric Moon Blues” è il racconto di un ricordo ancora da vivere ma già da raccontare nel mezzo della Fender Telecaster di Renato Franchi … che qui sussurra un Talking Blues della lontananza. un Blues che ripercorre strade di libertà e le apre dentro l’azzurro di occhi raggianti, per volare a perdifiato sopra le nuvole e i sentieri che le collegano.
Ed ecco un altro tributo alla Canzone Italiana, questa volta però, con le fisionomie di una ninna nanna dolce e delicata; si tratta di “Canzone X Mia”, brano dedicato alla nipotina di Sonia Bellin, coautrice del testo assieme a Renato. Pensieri rivolti al mondo fatato dei bambini, allo loro ingenuità e allo loro capacità di meravigliarsi di fronte alla bellezza. Immagini che colorano a pastello una lirica e una musica ispirata dai sogni che non si addormentano al mattino.
Per “Musicisti distratti” abbiamo invece un incipit con sobbalzi di batteria e un dirompente assolo che si insinua tra le ebbrezze di suoni che non trattengono le grida rivoluzionarie di chi sogna a ritmo di musica…Un tributo al mondo della musica e di chi lo rende tale ma anche un invito a non farsi “distrarre” da sirene e sicari capaci di truccare le aspirazioni con 30 denari.
“Serenata delle distanze” è invece il singolo scelto come apre pista dell’album e attualmente in promozione su diverse emittenti radio e tv. Gli occhi ritornano in questa ballata fatta di “perdonanze e di attese , dove le vertigini inseguono latitudini e orizzonti di un cielo zaffiro.
Il ritmo dylaniano interseca anche “Buon tempo” dove le ritorsioni di chitarra ci riportano al miglior rock inglese, un rock d’autore con sbalzi temporali da rinvigorire, assaporando ogni istante delle “traiettorie geometriche” percorse dai nostri passi. Un inno alla fatica e di nuovo alla lontananza, che rende “resistente “ anche il giorno più polveroso..La danza del violino sposa sezioni corali che colorano sonorità sixteen per un finale poi a sorpresa nel saluto di Davide Saccozza.
Violini radiosi e nostalgiche venature romantiche traspirano nella traccia di chiusura, dove la protagonista è la violinista della band di Renato Dan Shim Sara Galasso, con un ipnotico e magico strumentale da lei composto il giorno del compleanno di Gianfranco D’Adda. Non a caso Daddillon è l’unione di due parole: D’Adda e Ce carillon. Un neologismo musicale che apporta sia nel titolo che nel suono un’infinità di dolcezza, la cui armonia è capace di racchiudere emozioni nitide.
Viola Pace
Gentilissima Viola , non posso che ringraziarti commosso per la tua preziosa e introspettiva recensione! Canzone per canzone hai saputo cogliere l’essenza e la natura di ogni nota e ogni parola! Questo è il segno di una sensibilità e capacità professionale !! Per questa ragione mi sono permesso di darti del tu, in quanto la tua penne e il tuo calamaio mi ha fatto capire di avere una bella persona in più tra le amicizie!!! Grazie di cuore!
Renato Franchi ✍️