Quando cominciai ad interessarmi di fotografia e a frequentare persone con la mia stessa passione, il primo nome che risuonava come artista da conoscere e seguire era quello di Mimmo Jodice. In quel periodo insegnava fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli e sicuramente rappresentava la punta più alta ed innovativa della fotografia partenopea, tanto da diventare, qualche anno dopo, un maestro indiscusso sullo scenario italiano ed internazionale. Tra i suoi innegabili meriti spicca quello di aver avuto un approccio innovativo, sperimentale, creativo verso questa contemporanea forma d’arte, partecipando attivamente al dibattito culturale che ha consentito alla fotografia italiana di distinguersi all’estero. La sua straordinaria capacità di penetrare nell’essenza, la sua lungimirante visionarietà tendente a tratti al metafisico lo hanno spinto verso un lavoro di ricerca concettuale realizzato anche grazie ad un’attenta indagine socio-antropologica e ad una sensibilità fuori dal comune, che ha avuto l’apoteosi nella ricerca sul mito del Mediterraneo.
Innumerevoli i riconoscimenti ricevuti, in Italia – tra cui quello più significativo è sicuramente il Premio ‘Antonio Feltrinelli’ dell’Accademia dei Lincei, nel 2003, per la prima volta conferito alla Fotografia. Mimmo, come me, si è messo sempre alla prova, sperimentando diversi generi fotografici, passando così dal reportage alla ricerca, dall’architettura alla paesaggistica. Lo conobbi appena iniziai seriamente la mia avventura di fotografo professionale. Ci incontravamo spessissimo alle varie mostre a Napoli, nelle gallerie di Amelio, Rumma, Morra e Trisorio, a Milano da Lanfranco Colombo e al Sicof, ed entrambi eravamo assidui frequentatori dei Rencontres Internationales de la Photographie di Arles. Lo accompagnava sempre la bella moglie Angela, che, con i suoi consigli e il suo aiuto, curava impeccabilmente le sue relazioni professionali. Molte volte abbiamo anche partecipato insieme a grandi mostre collettive, rappresentando, con altri fotografi, la nostra stupenda città.
Un giorno io e la giornalista Giuliana Gargiulo andammo a trovarlo a casa sua, in via Manzoni a Napoli, e, come al solito, ci accolse con grande affetto. Per l’occasione portai con me la fotocamera Contax RTS 35mm, per realizzare degli scatti in bianco e nero e la polaroid sx 70 per le immagini a colori. Finita l’intervista, cominciai a fotografarlo, soffermandomi soprattutto sul viso che, incorniciato da una folta chioma e una barba bianca, lo hanno sempre caratterizzato in modo specifico. Desideravo evidenziare la sua espressione molto bella ed accattivante, che, in qualche modo, seduce chi lo guarda. Dopo qualche click passai alla ripresa con la polaroid, con cui realizzai un’immagine che successivamente manipolai. In quest’ultima foto ho preferito sottolineare, invece, la sua professione, introducendo nell’inquadratura alcuni elementi peculiari, tipici della sua attività di fotografo, come le strisce dei negativi e l’obiettivo. Al termine delle mie riprese, ci salutammo sottolineando che ci saremmo sicuramente presto rincontrati al prossimo evento partenopeo ed entrambi eravamo soddisfatti dei risultati ottenuti quel giorno.
Augusto De Luca