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Sono passate poche ore dalle annunciate dimissioni del Papa, ufficialmente per problemi di salute, e già si rincorrono le voci su chi dovrà assurgere al gravoso compito di ereditare il trono di Pietro.

Alcuni commentatori hanno già individuato il successore dell’attuale pontefice. Sarebbe il cardinal Bertone e questo per il semplice fatto che è nato a Romano Canavese e si chiama Tarcisio Pietro Evasio.  Quest’associazione ha un suo perché nei motti di San Malachia.

Pare infatti che San Malachia, arcivescovo cattolico e abate irlandese del primo secolo dell’anno mille, abbia redatto una lista di 112 epiteti o motti (o meglio 111+1 poi vedremo perché) attribuibili in successione ai papi a partire da Celestino II eletto nel 1143. Proprio la successione dei motti rende la lista di semplice lettura perché una volta individuato il primo o comunque uno dei papi tutti gli altri vengono di conseguenza. In realtà la cosa non è così semplice perché sembra che Malachia nel conto abbia saltato gli antipapi e a dir di alcuni studiosi nemmeno tutti.

Ma al di là delle controversie che indicano la lista, o una parte di essa, come una contraffazione creata ad arte per influenzare  l’elezione del Vicario di Cristo specialmente in epoca rinascimentale, quando a tali documenti si dava molta importanza e soprattutto quando era abitudine dei nobili scommettere forti somme su tali elezioni (non a caso Pio IV nel 1546 emana un editto in cui vieta tassativamente questa pratica) analizzando la successione dei motti attribuiti ai pontefici in età moderna non possiamo fare a meno di rimanere stupiti di come le brevi frasi in latino usate dal santo riescano ad esprimere con precisione aspetti importanti dei papi che dovrebbero descrivere, tanto è che molti di loro sono di facile interpretazione. Se diamo un’occhiata agli ultimi 4 pontefici e ai relativi motti avremo:

Papa Paolo VI

Il motto indicato è Flos florum (fiore dei fiori, nome che tradizionalmente indica il giglio). Lo stemma papale di Paolo VI riporta tre gigli. Spesso Malachia nei suoi motti descrive particolarità degli stemma papali dato che ogni papa una volta eletto ne porta in dotazione uno diverso sempre diverso da un altro.

Papa Giovanni Paolo I

De medietate Lunae o De media aetate Lunae, cioè "il periodo medio di una luna", o ancora “il ciclo di una luna” che è di circa un mese (il mese sinodico lunare, il tempo che intercorre tra un novilunio e il successivo, per la precisione è di 29 giorni e 12 ore e 44 minuti) quasi quanto la durata del suo intero pontificato, interrotto da una morte tanto misteriosa quanto discussa.

Papa Giovanni Paolo II

Reca il motto De labore Solis. In latino arcaico "labor", letteralmente "fatica, lavoro", significa anche "eclissi", pertanto la locuzione potrebbe essere tradotta "Dell'eclissi di sole". Consultando il registro delle eclissi solari risulta che Giovanni Paolo, nacque il 18 maggio 1920, proprio il giorno di una eclissi solare parziale (non visibile però dal luogo di nascita) e morì il 2 aprile 2005, giorno in cui non è avvenuta alcuna eclissi. Tuttavia la salma del pontefice è rimasta esposta imbalsamata – secondo il rito del Novendiale – fino all'8 aprile 2005, giorno delle esequie. In tale giorno è avvenuta un'eclissi solare ibrida, anch'essa però non visibile da Roma.

Papa Benedetto XVI

E’ descritto come De gloria olivae. Il motto è stato collegato al nome "Benedetto" perché alcuni benedettini sono anche chiamati "monaci olivetani" per la loro antica abitudine di coltivare l’olivo. Inoltre il 26 aprile 2009 Benedetto ha proclamato santo Bernardo Tolomei, fondatore dell'ordine degli Olivetani. Perciò il motto potrebbe indicare semplicemente la gloria che Benedetto XVI ha procurato al fondatore degli olivetani proclamandolo santo.

Al 111° motto e perciò papa, s’interrompe la lista di Malachia; anche se un’ultima frase scuote la nostra tranquillità:

 "In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis."

la cui traduzione risulta essere:

"Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli crollerà ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen."

E qui notiamo il nome di Petrus Romanus, a cui appunto molti esegeti si rifanno indicando come probabile successore di Ratzinger, il cardinal Bertone. Che sia lui o no (le profezie non sono mai di semplice interpretazione, anzi spesso se ne comprende il senso solo a fatto avvenuto) il Petrus Romanus descritto da Malachia pare non debba godere di vita facile.

La grande persecuzione e il probabile terremoto che letteralmente farà crollare Roma non sono una novità nelle descrizioni profetiche. Proprio il collegamento tra le sorti dell’ultimo papa e quelle delle città eterna vengono spesso sottolineate in diverse altre profezie tra le cui più significative possiamo ricordare quelle della monaca di Dresda.

Vissuta a cavallo tra il 1600 e il 1700, soleva scrivere sotto dettatura mediatica o ispirata da sogni profetici. Uno di questi, a proposito delle sorti della città eterna, ce lo racconta nelle sue lettere:

"Da poco mi ero addormentata quando una mano mi prese e mi sollevò. Mi trovai come su un poggio e ai miei piedi c’era la città benedetta, ma di questa riuscivo a distinguere solo il Colosseo… ho visto uscire una processione di vescovi e di cardinali che, al posto di pregare, litigavano fra di loro. ‘Riportano la Chiesa a Gerusalemme’, diceva qualcuno. E qualcun altro: ‘Hanno stipulato un patto con Satana’. Quando riaprii gli occhi, al posto del Colosseo c’era un piccolo lago e sopra un angelo con una scritta in fronte: ‘Questa è la seconda prova. Ma prima che il larice rinverdisca per la terza volta una grandinata ben peggiore si abbatterà sulla città santa, ridotta ormai ad una spelonca di ladri, dove la pestilenza e il vizio saranno pane quotidiano e dove i vescovi mangeranno nella stessa scodella dei malfattori, mentre i giusti periranno in carcere. Ed ora, mi disse ancora la voce, voglio farti vedere la prima prova che verrà mandata alla città santa. Ho visto allora una fiamma di fuoco cadere sibilando sulla terra e andare a incunearsi tra le case, poco lontano dalla Basilica… E un’enorme voragine si aprì inghiottendo case, strade e persone…".

Di questo sogno è interessante il dettaglio del laghetto che prende il posto del Colosseo. L’anfiteatro Flavio infatti fu eretto da Vespasiano proprio al posto di un lago artificiale, precedentemente fatto scavare da Nerone, e che venne appositamente prosciugato per erigere le fondamenta della mastodontica opera. Nel sogno premonitore la monaca vede,  il lago originario e questo è probabilmente ciò che accadrebbe se un devastante terremoto distruggesse oggi il Colosseo e le opere di deviazione idrica dell’antico laghetto ad esso sottostanti, le cui acque appunto, tornerebbero ad inondare la conca su cui esso sorge.

Il secondo particolare che salta subito agli occhi è l’enorme voragine, forse causata da un meteorite, che si andrà ad aprire poco lontano dalla Basilica.

Un particolare che sconvolge per quanto simile ad un'altro presente nel famoso terzo segreto di Fatima le devastazioni di Roma e destino del pontefice  paiono susseguirsi proprio dopo l’enorme voragine descritta dalla monaca di Dresda:

il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. »

Più o meno la stessa terrificante visione avuta nel 1909 da Papa San Pio X, che nel corso di un’udienza cadde improvvisamente in uno stato molto simile alla trance. Ridestandosi disse profondamente turbato: "Ciò che ho veduto è terribile! Sarò io o un mio successore? Ho visto il Papa fuggire dal Vaticano camminando tra i cadaveri dei suoi preti. Si rifugerà da qualche parte, in incognito, e dopo una breve pausa morrà di morte violenta".

Questo è solo un sunto sulle terribili profezie sulla fine di Roma perché molti sono stati i profeti che legano il triste destino della città eterna a quello del Santo Padre. E se è vero come sembra suggerirci l’elenco dei motti di San Malachia che Benedetto XVI è il penultimo papa  della Santa Romana Chiesa e che a lui seguirà Petrus Romanus, forse non dovremo attendere poi molto per sapere quanto sono veritieri  i tristi presagi profetici sull’ultimo pontefice.

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