Esce con un passivo pesante Piazza Affari, nel primo giorno di negoziazioni della settimana. E non va meglio ai titoli del comparto petrolifero. La situazione che si registra nel settore è molto complessa, e si agita attorno alla questione del congelamento della produzione del greggio.
Intanto qualche numero: a New York Mercantile Exchange, il Light Sweet Crude registra un calo dell'1,39% (la quota è 45,24 dollari al barile). In calo anche il Brent, che perde l'1,44% (quota 47,77 dollari al barile). La situazione rimane estremamente complicata, e questo rende arduo il compito dei trader online che operano, ad esempio, con piattaforma AvaTrade dove è possibile negoziare il greggio (per vedere recensione e opinioni su AvaTrade potete andare qui).
I movimenti incerti sul mercato infatti risultano penalizzanti soprattutto per i trader meno esperti, che mal riescono a gestire la situazione.
A livello di titoli del comparto, oggi Saipem ha perso più di 4 punti percentuali. Performance negative anche per Tenaris (-2,83%) mentre Eni chiude con un segno negativo del 2,76%. Riguardo ENI, peraltro, c'è da dire che il colosso italiano ha annunciato di aver raggiunto una produzione di 128mila barili di olio equivalente al giorno dal giacimento di Nooros. La cosa importante è che questo giacimento è stato scoperto in Egitto appena 13 mesi fa, per cui i riusltati ottenuti sono andati oltre le previsioni.
La situazione del mercato del greggio
Come si può venire fuori da questa situazione? E' difficile. Soltanto un accordo tra produttori potrebbe stabilizzare il mercato e tenere su il livello dei prezzi. C'è però uno scetticismo diffuso su una reale azione congiunta tra i produttori.
Bisogna infatti tenere presente che ognuno di loro ha un mercato di esporetazione di riferimento, e ridurre la produzione significherebbe ridurre anche le entrate. Servirebbe quindi un parallelo incremento dei prezzi che sappia compensare questo effetto. Secondo molti la possibilità che ciò accada è ridotta perché non tutti sarebbero disposti a percorrere questa strada così rischiosa.
Peraltro va messa in conto la posizione dell'Iran, che fino a questo momento non sembra gradire l'ipotesi di ridurre la propria produzione di greggio.
Come se non bastasse tutto questo, all'orizzonte c'è un altro problema. L'Opec infatti ha aumentato le previsioni di produzione dei paesi non Opec. Prevedeva un calo di 150mila barili, invece adesso prevede un aumento di 200mila. E' quindi evidente che il surplus di greggio, già esistente sul mercato, è destinato a crescere. E con esso stanno per crescere anche i problemi.