Dai ricordi del fotografo Augusto De Luca.
“Cercavo da tempo qualche testimonianza di una mia mostra che feci all’inizio degli anni 80 in una storica galleria napoletana che, in quel periodo, era molto attiva: Ricerca Aperta.
Proprio l’altro giorno, sfogliando un mio libro, ho trovato inaspettatamente, fra le sue pagine, alcune foto di quell’evento, non ricordavo assolutamente la loro esistenza e, sfortunatamente, non ne conosco l’autore. Sono istantanee un po’ sfocate e piene di grana, che mi hanno fatto rivivere quello straordinario e particolare avvenimento della mia carriera di fotografo. Lo spazio espositivo, punto di riferimento per la diffusione della cultura fotografica a Napoli, il cui impegno era tutto profuso a diffondere l’idea della fotografia come traccia d’identità, si trovava nella zona di Materdei ed era anche il posto dove i due proprietari e bravissimi fotografi Gianni Rollin, che purtroppo ci ha lasciato diversi anni fa, e la moglie Lucia Patalano, lavoravano, stampavano e accoglievano affettuosamente gli amici che passavano di lì.
Insieme a loro collaboravano anche Rino Vellecco e, come critico, Gabriele Perretta. Erano anche in contatto con la galleria ‘Il Diaframna’ di Milano, il cui Direttore era Lanfranco Colombo, personaggio chiave della fotografia italiana, che, spesso, si poteva incontrare anche nelle stanze della galleria partenopea. In quello spazio hanno esposto la maggior parte dei fotografi campani e anche io ebbi il piacere di organizzare una mia mostra che però aveva qualcosa di particolare: era un work in progress. Una mia amica e bravissima artista, Lucia Gangheri, si occupò dell’allestimento della mostra. Usò dei pannelli neri, contornati da sottili cornici gialle che, durante la serata inaugurale, avrei poi riempito con i ritratti polaroid manipolati e non, realizzati ai visitatori.
Infatti, fotografavo gli intervenuti all’evento in una stanzetta laterale, adoperando due diverse fotocamere, una Polaroid LAND 1000, con pellicola SX 70 manipolabile, e una rarissima Polaroid BIG SHOT a strappo, una vera icona. Quest’ultima, di colore nero e molto lunga, era uguale a quella che solitamente utilizzava Andy Warhol per realizzare la maggior parte dei suoi ritratti e proprio da quelle fotopolaroid, venivano fuori anche le sue grandi serigrafie colorate. La Polaroid Big Shot era una Polaroid molto particolare, ed era utilizzata da pochissimi fotografi professionisti. Mi aiutavano a reggere alcuni sfondi e anche per altre operazioni, alcuni miei assistenti, tra cui Bruno Cristillo, che, oggi, è un rinomato fotografo casertano.
A fine serata tutti i riquadri dell’allestimento nella galleria che prima erano vuoti, furono pieni di immagini scattate una dopo l’altra e l’esposizione fu completata. Fu una sfida riuscita, il cui ricordo, tuttora, mi dà una grande soddisfazione. Mi piacerebbe, un giorno, poter ripetere quell’entusiasmante esperimento, anche se, purtroppo, il materiale polaroid di oggi o non esiste più o, se si riesce a trovare, non ha la qualità e le caratteristiche di una volta. Bei tempi!”